Cerimonia
Sabato 18 ottobre abbiamo assistito all’inaugurazione ufficiale delle scolette di Sarmazza, che d’ora in avanti fungeranno da Sala Civica e porteranno il nome del Generale dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa. A presiedere l’evento oltre alle autorità comunali, ad una folta rappresentanza del corpo dei carabinieri in congedo e a quelli in servizio, capitanati dal comandante provinciale Colonnello Claudio Cogliano, vi era Nando Dalla Chiesa, uno dei tre figli di Carlo Alberto. Per chi non lo sapesse, il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa morì assassinato dalla mafia il 3 settembre 1982 a Palermo, città nella quale era giunto per combattere la camorra dopo aver sconfitto il terrorismo degli anni di piombo in Piemonte. Se volete un resoconto delle parole di circostanza pronunciate dalle varie autorità con tanto di spot sullo scrittore Nando Dalla Chiesa non dovete far altro che procurarvi una copia della stampa locale di domenica 19 ottobre 2008, noi preferiamo onorare l’intitolazione delle scolette parlando d’altro. Giunto a Palermo il generale lamentava d’essere quasi abbandonato a se stesso: “Mi mandano in una realtà come Palermo, con gli stessi poteri del prefetto di Forlì”, diceva in un’intervista del 1982. Noi del GPS siamo gente comune, non conosciamo la storia, la nostra cultura in merito a questo argomento è limitata, quindi ce ne scusiamo con quanti leggono queste righe se non ci possiamo addentrare approfonditamente nella complessità del ragionamento, ma quello che conta, a nostro avviso, è proprio l’opinione generale dei nostri concittadini sull’apporto dello stato alle forze dell’ordine che, dall’ ottantadue ad oggi, sembra addirittura avere fatto passi indietro. Il sentore della gente è che l’Arma dei Carabinieri si sia ridotta a poco più di uno strumento dello Stato per far quadrare un bilancio sempre più difficile da controllare. La realtà dei fatti è che la fiducia del cittadino nella giustizia è ai minimi storici, questo non certo per incompetenza delle forze dell’ordine ma per una legge che sempre più spesso tende a favorire chi delinque e a penalizzare il cittadino medio. Esempi ve ne sarebbero a migliaia, ma non è il caso di citarne uno in particolare, basti pensare alle continue multe da cui veniamo tartassati dalle forze di polizia ogni giorno per motivi molto spesso al limite del ridicolo o frutto di appostamenti creati ad hoc per racimolare Euro a sforzo zero. E’ molto comodo guadagnare 150 Euro da un cittadino che andando al lavoro sorpassa un’ape che viaggia ai 36 Km/h in un tratto di strada rettilinea dove vi è una striscia continua messa lì per chissà quale oscuro motivo, mentre è un tantino più complicato e spesso economicamente insostenibile condannare un ladro, uno spacciatore o un assassino ad una pena consona al reato commesso. Come può un Carabiniere compiere il suo dovere se per poter estrarre la pistola deve aspettare di trovarsi di fronte una banda armata e per sparare un colpo deve attendere d’esser morto? Queste possono sembrare battute, magari lo fossero… tali affermazioni vanno più che altro collocate tra i paradossi che la legge italiana e quella dei media annoverano fra i principi di legalità di cui lo Stato italiano dovrebbe andare fiero. Con quale spirito un carabiniere può mettere a repentaglio la propria vita per assicurare un criminale alla giustizia sapendo che la settimana dopo rischia di trovarselo a piede libero con tutto ciò che ne potrebbe conseguire? Nel nostro articolo non vi sono riferimenti a persone o fatti particolari e non è stato scoperto nulla di nuovo rispetto a quanto si sente dire un po’ da ogni parte, eccetto che sui giornali o tv. Prima d’entrare in un meccanismo irreversibile in cui il male e chi lo commette rischia d’avere la meglio rispetto al bene e ai suoi difensori, invitiamo tutti a mettere da parte l’eccesso di buonismo, che oggi sembra essere più moda che convinzione, attribuendo colpe e pene a chi ha effettivamente sbagliato senza cercare ad ogni costo le attenuanti che troppo spesso prevalgono sui principi di legalità e giustizia che ci dovrebbero essere garantiti dalla Costituzione stessa. E’ per noi motivo d’orgoglio e di speranza poter leggere: “Gen. Carlo Alberto Dalla Chiesa testimone dei valori di giustizia e libertà” sul muro delle scolette di Sarmazza, ma il timore è che rimanga solo una piccola targa in una minuscola contrada d’Italia quasi a voler nascondere un Giusto in un trafiletto, dedicando la copertina a personaggi con valori di cui c’è ben poco d’esser fieri.
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